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Un caso… esplosivo!

La rottura dell’anta in vetro di una cabina armadio ha provocato una serie di danni al parquet e agli arredi

Nel ricevere l’incarico per una consulenza tecnica di ufficio, già la trascrizione del quesito mi aveva incuriosito: troppo breve. Così recitava: “Natura, causa ed entità dei danni a cose”. Niente di più.
Altra stranezza: insieme al sottoscritto, davanti al giudice era presente anche un secondo consulente tecnico di ufficio, un medico legale. Pensavo a un errore di comunicazione da parte della cancelleria, ma non era così: il medico legale si sarebbe dovuto occupare della salute di alcune persone – fra cui un bambino molto piccolo – che, a causa dell’implosione di soprammobili di cristallo presenti in camera da letto – avevano subito danni non solo fisici, ma anche psichici. Io invece mi dovevo occupare dei danni al pavimento in legno e, dietro esplicita richiesta del giudice, indagare sulle cause che avevano portato all’implosione dei cristalli. Nonostante le mie rimostranze (non mi occupo di cristalli o vetri), il giudice pur di non nominare altro tecnico (la vicenda si stava trascinando già da anni), mi autorizzò ad avvalermi a mia volta di un esperto in materia.

Iniziano le indagini

Le mie indagini peritali riguardavano la disamina di una pavimentazione di legno fornita e posta in opera e anche degli arredi della camera matrimoniale, esposti a una vera e propria “pioggia” di frammenti di cristallo, provenienti dalla porta scorrevole di una cabina armadio. Quest’ultima era andata in frantumi durante la notte, precisamente alle ore 03:45. Preciso che l’appartamento in questione era stato sottoposto a un importante intervento di ristrutturazione edile.
Avvalendomi di una metodologia di indagine dotata di metodo visivo, ho iniziato la disamina tecnica del pavimento in legno e degli arredi oggetto di danneggiamento (più avanti descritti).
Il parquet in realtà era una classica pavimentazione lignea posta in opera per incollaggio totale, era integro, regolare e “vissuto”, così come gli arredi, solo che si osservano molti graffi e incisioni (anche il bambino che all’epoca dormiva in una culla vicino alla porta di cristallo era rimasto sommerso dai pezzi di vetro, fortuna volle che, essendo avvolto da coperte, non subisse alcun danno fisico). La tipologia del manufatto ligneo era identificabile quale elementi di legno massiccio senza incastro (norma Uni En 13227 – febbraio 2004 elementi di legno massiccio senza incastro), della specie legnosa Doussié (Afzelia Bipendis) con elementi lignei aventi dimensioni nominali (salvo le tolleranze di norma) pari a mm 450 in lunghezza per mm 75 di larghezza e uno spessore, allo stato grezzo, di mm 14. La finitura protettiva della pavimentazione lignea risultava essere stata eseguita con un prodotto filmogeno (probabilmente una vernice a basso impatto ambientale), perimetralmente era presente un battiscopa in legno della medesima specie legnosa.

La natura dei danni

Il manufatto ligneo sin qui descritto è stato posato con un disegno denominato “a tolda di nave” (o cassero sfalsato); nella diretta osservazione della pavimentazione, da posizione eretta, sia con luce naturale diretta frontalmente sia da dietro, sulla superficie del pavimento in legno erano visibili delle “incisioni” aventi una conformazione casuale, che hanno interessato non solo la pellicola filmogena, ma anche la struttura lignea degli elementi medesimi, costituenti la pavimentazione. Oltre alle incisioni, che erano presenti nella porzione di pavimento attinente alla cabina armadio, erano visibili anche dei graffi alquanto marcati, che hanno interessato la pellicola filmogena; la dislocazione dei graffi era casuale, ma con una maggiore concentrazione in prossimità della cabina armadio, fino a interessare la metà della superficie del pavimento del vano. Detta situazione era come anticipato, ben visibile senza ricorrere ad alcun ausilio di strumenti; nel resto della pavimentazione erano presenti solo alcuni segni compatibili con la normale usura di una pavimentazione lignea (deambulo giornaliero).

Gli arredi

Successivamente ho preso in esame, con la medesima metodologia di indagine, alcuni arredi e suppellettili rimasti anch’essi danneggiati dalle schegge del cristallo provenienti dall’esplosione, in particolare una panca in colore legno ciliegio e un letto, della stessa azienda produttrice, sempre in colore legno ciliegio. In effetti, su tutti gli elementi erano ancora visibili incisioni e graffi, sia superficiali sia profondi, in particolare nella panca. È comunque utile evidenziare che le incisioni, che avevano una dislocazione casuale e conformazioni varie, erano effettivamente rilevabili negli arredi elencati ma solamente nella zona prospiciente le due ante in cristallo della cabina armadio: dalla parte opposta della camera da letto gli arredi presenti non presentavano incisioni, graffi o altre anomalie in superficie. Dopo avere esaminato la pavimentazione lignea e gli arredi, relativamente ai vizi denunciati nel ricorso presentato in Tribunale, risultava evidente che l’unica causa di quanto accertato era palesemente riconducibile all’evento della rottura di un’anta scorrevole della cabina armadio.

Le cause

Per rispondere al quesito posto dal Giudice ho tenuto conto, oltre a quanto accertato direttamente, delle relative normative di settore e di quanto esistente in bibliografia specifica. Ho dovuto tenere conto anche di tutto quanto riportato in atti, questo per il lungo periodo trascorso fra l’evento (dicembre 2008) e il sopralluogo tecnico peritale (luglio 2012).
A questo punto, l’indagine svolta è stata prettamente indirizzata ad accertare e analizzare la causa, o le cause, che hanno determinato la rottura del cristallo temperato. Ciò perché tutti i danni lamentati, nonché l’indagine tecnica, verteva proprio sull’evento di “esplosione del cristallo temperato” i cui residui avrebbero poi danneggiato i vari oggetti di arredo e la pavimentazione lignea.

Il vetro temperato

Il vetro temperato è disciplinato dalla norma Uni En 12150-1, “Vetro di Silicato di Sodio-Calcico di Sicurezza Temprato Termicamente”, che oltre alle varie raccomandazioni di tolleranze qualitative e di produzione, identifica la conformità al paragrafo 8 (della medesima normativa) “prova di frammentazione”.
Per la prova di frammentazione si prevede, per una determinata area, un certo numero di frammenti che – per gli spessori da 4 a 12 mm di vetro float – sono un minimo di 40 in un quadrato di 50 mm (ben specificato nell’appendice C della medesima norma); inoltre la normativa prevede l’identificazione del produttore del vetro temperato con un marchio indelebile su ogni singola lastra. Altra normativa di riferimento nell’uso del vetro temperato è la Uni En 7697/07 “Criteri di Sicurezza nelle applicazioni vetrarie”; tale regola identifica in situazioni di potenziale pericolo quali vetri usare.
La conformità deve essere dichiarata dal fornitore. Dalla disamina dei documenti agli atti si evince che le vetrate interessate dovrebbero essere in float 10 mm temperato con un trattamento di satinatura ad acido.
Il sistema prevede che la movimentazione delle ante sia fatta tramite un binario superiore a scorrere, senza alcuna sollecitazione a torsione della lastra temperata; la frammentazione osservata rientrava come numero di frammenti in quanto previsto dalla normativa specifica, la Uni En 12150. Sempre dalla disamina dei documenti è stato possibile rilevare la posizione dell’anta al momento della rottura, aperta dietro l’anta fissa dello scorrevole.
Tre possono essere stati i motivi di rottura, conosciuti in bibliografia: shock termico, shock meccanico, inclusione di solfuro di nickel all’interno della lastra temperata. Lo shock termico è da escludere, perché non si rilevavano fonti di calore così importanti e notevoli vicino al sistema scorrevole.
Lo shock meccanico, ovvero la possibilità che l’anta in vetro temperato avesse subito un importante colpo sul bordo o sullo spigolo durante lo scorrimento, era improbabile. Si tenga conto che il fine corsa posto sul lato coperto del sistema a scorrere attenuava in apertura qualsiasi sollecitazione.
In chiusura il movimento dell’anta scorrevole, per giungere alla rottura del cristallo temperato, avrebbe dovuto urtare violentemente un corpo duro, probabilmente metallico. Ricordiamo che l’evento della rottura è avvenuto in piena notte e che in prossimità dell’anta (comunque chiusa posizionata dietro l’anta fissa) era presente soltanto la carrozzina (struttura metallica leggera e tessuto) dove dormiva il bambino di pochi mesi. L’inclusione di solfuro di nickel nella pasta del vetro temperato è da prendere in considerazione per le seguenti motivazioni: durante la fabbricazione del vetro alcune parti di nickel e di zolfo si fondono nella pasta del vetro ma non sono miscelate (come accade per l’olio nell’acqua); riscaldando il vetro nel processo di tempra (oltre 600°C) il solfuro di nickel passa dal sistema di cristallizzazione trigonale di volume maggiore, al sistema esagonale di volume minore. Questo processo è sufficientemente lento e consente al vetro, per le temperature in gioco, di adattarsi alle variazioni volumetriche della inclusione cristallina. Durante il raffreddamento rapido, che caratterizza il processo di tempra, la relativa variazione volumetrica del cristallo da volume piccolo a grande non ha il tempo di prodursi e l’inclusione cristallina si trova così a temperatura ambiente in una configurazione volumetrica non corrispondente alla sua temperatura. Il cristallo di solfuro di nickel tenderà a riportarsi alla configurazione volumetrica corrispondente alla sua temperatura (volume maggiore), la crescita volumetrica dell’inclusione produrrà una pressione crescente nel punto dove è situata fino a provocare la rottura del vetro medesimo (esplosione). Detto inconveniente (inclusione di solfuro di nickel nella pasta del vetro) è una problematica conosciuta nel settore specifico, tanto che esiste un procedimento che riduce notevolmente detta possibilità e che in questo caso non è stato messo in atto. Ma non mi dilungo oltre su un settore che non è il nostro.

Conclusioni

In definitiva, sulla base di quanto esaminato direttamente sul posto, del contenuto delle specifiche normative che regolano il settore dei vetri temperati e anche di quanto esistente in atti, si ritiene che il nesso causale dei danni lamentati e accertati sia da ricondurre ai residui di cristallo temperato dell’anta in vetro della cabina armadio, che è esplosa a causa della presenza di solfuro di nickel nella pasta di vetro. In definitiva devo riconoscere che è stata una interessantissima esperienza. Ho potuto, attraverso l’ausilio di un perito del vetro, venire a conoscenza di particolari molto interessanti e fino ad allora a me sconosciuti. Non pensavo che il cristallo potesse “esplodere” anche a distanza di anni. Ho scoperto che questo fenomeno viene anche denominato “cancro del vetro”, un termine purtroppo nefasto, ma che rende bene l’idea di cosa può accadere a una semplice lastra di cristallo. Ho dovuto anche rilevare che, anche nel settore dei vetri, vi sono – come per il legno – grandi problemi di conformità e produttori che, pur di risparmiare sulla tempra dei cristalli, preferiscono correre rischi assai maggiori. Nel nostro caso, per fortuna, nessuno si è fatto male, tutto si è concluso con un “robusto” indennizzo da parte della assicurazione.

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