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La protezione del parquet dai liquidi

Una corretta informazione verso il cliente non dev’essere fatta con slogan o con belle frasi a effetto, ma accompagnando il prodotto con le caratteristiche chiare e univoche dello strato di protezione

Nel nostro settore, quello del parquet, è frequente sentire pronunciare, nel corso delle trattative di vendita e durante la presentazione dei pavimenti, termini come: parquet con alta protezione o trattamento protettivo di alta qualità.

Tuttavia queste parole sono da considerarsi termini generici, inerenti a qualcosa che viene applicato in vari modi sopra alla superficie di un elemento in legno con lo scopo di migliorare le sue caratteristiche prestazionali e in relazione alle condizioni di esercizio che dovrà affrontare. In realtà, questi termini non danno alcuna indicazione, o ancor peggio nessuna certezza, della effettiva predisposizione del parquet a mantenere nel tempo le caratteristiche promesse, che, invece, dovrebbero essere garantite in maniera più certa, chiara e scientifica. Infatti, il consumatore finale deve essere messo in condizioni di scegliere il pavimento in legno non solo per i fattori estetici, ma soprattutto perché possiede quelle qualità che possono effettivamente soddisfare anche le future condizioni di esercizio che il proprietario sicuramente imporrà al parquet posato nella sua abitazione.
È più che evidente che qualsiasi trattamento superficiale contribuisce a migliorare la resistenza alle condizioni di esercizio e che la superficie degli elementi è sicuramente più protetta. Tuttavia ci possono essere inconvenienti e danni che creano malcontento o addirittura contenziosi, soprattutto laddove sono tradite le aspettative del beneficiario finale della pavimentazione, obbligato al disagio e a costi aggiuntivi. Dunque è più che mai opportuno fare un poco di chiarezza. A fronte delle tante situazioni nelle quali il prodotto di parquet si rovina, è evidente che occorra risolvere questi casi all’origine. L’unico modo per farlo è con una corretta informazione verso il cliente, comunicando le qualità del pavimento in legno non con uno slogan e non con frasi ad effetto, ma accompagnando il prodotto con un capitolo chiaro e univoco intitolato: caratteristiche dello strato di protezione.
Non ha importanza citare slogan pubblicitari sulla natura chimica della finitura, ma per i casi sopraindicati deve essere d’obbligo pubblicare i risultati inerenti alla prova stabilita dalla norma EN 13442:2013 Determinazione della resistenza agli agenti chimici la quale stabilisce una scala di resistenze a vari composti da 1 a 5. È più che evidente che tale norma, attualmente, non copre tutte le possibilità di chiarezza a favore dell’utilizzatore della pavimentazione finale. Per questo sarebbe più che auspicabile una norma più attinente alla realtà funzionale del parquet; non dimentichiamoci, infatti, che il parquet è una pavimentazione e che necessariamente ci si deve vivere sopra. La realtà è che il settore del parquet deve tutelare il mercato che ha acquisito ed evitare il pericolo che questo spazio di vendita sia conquistato da altre proposte commerciali realizzate con altri materiali, non per ultima la ceramica finto legno, solo perché è più resistente alle macchie.
Le finiture del parquet, sotto il profilo estetico, hanno raggiunto livelli eccelsi, ma questa qualità deve essere quantomeno migliorata anche sotto profilo di resistenza ai liquidi e alle sostanze chimiche comunemente utilizzate in una casa. Il mercato continui a proporre ciò che vuole ma l’utilizzatore del parquet deve conoscere da chi gli vende il parquet o da chi glielo posa se effettivamente le caratteristiche funzionali del pavimento in legno sono attinenti al suo stile di vita. Certe finiture, sicuramente accattivanti sotto il profilo estetico, sono da considerare inadatte per il parquet sotto il profilo di resistenza ai liquidi. Non è raro, infatti, accertare, in sede di indagine che lo strato protettivo abbia una insufficiente continuità, oppure un’insignificante resistenza all’acqua.
Non si possono ignorare gli studi e le ricerche approfondite svolte in altri settori, come per esempio quello del mobile, che hanno messo in evidenza che la protezione non può prescindere da due inconfutabili parametri:
Natura chimica e conseguenti caratteristiche prestazionali dello strato protettivo
Spessore applicato
Di fronte a queste inconfutabili verità, c’è da chiedersi come si possa presentare sul mercato dei parquet finiti con prodotti protettivi con un basso residuo secco, accompagnati da slogan ecologici e pindariche rese di pochi grammi al metro quadrato. La valutazione delle caratteristiche e delle resistenze protettive inerenti alle sostanze chimiche liquide non è certo un problema e anche il posatore può svolgere delle indagini preliminari. Questo quantomeno potrebbe insegnare a non dipendere da slogan pubblicitari, a coinvolgere immediatamente chi gli ha fornito il parquet prima di posarlo e, infine, a diffidare di prodotti di finitura presentati al mercato senza che siano accompagnati dalla dichiarazione delle loro caratteristiche di resistenza alle sostanze liquide.
Tuttavia di fronte a queste situazioni non è certo il posatore che deve fare questo lavoro, il posatore deve avere la volontà e la sicurezza di acquistare un prodotto certificato del quale si conoscano almeno le caratteristiche minime di resistenza atte a soddisfare le aspettative del committente e proporglielo in tale veste al di la del fattore prezzo o dell’aspetto estetico. Per questo è auspicabile anche per il parquet, una normativa specifica, tra l’altro presente in altri tipi di pavimenti, che ponga dei valori minimi inerenti alle caratteristiche di resistenza alle sostanze liquide prevedibilmente in uso in un’abitazione in modo che i posatori o anche l’utilizzatore finale possa essere certo che il prodotto che posa o che utilizza abbia effettivamente le caratteristiche richieste.

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