L’estetica per il parquet
Anche un parquet eseguito a regola d’arte può lasciare insoddisfatto un commettente se l’aspetto non corrisponde alle sue aspettative. Un rischio che spesso può essere evitato con una buona comunicazione del prodotto.
Si è detto, letto e scritto più volte e nei più diversi contesti che il legno è un materiale vivo, che reagisce con l’ambiente, che subisce gli agenti atmosferici, che reagisce al passare del tempo e che per questo l’approccio al legno deve essere consapevole. Consapevole per queste sue particolarità, consapevole per ciò che esse comportano (a cominciare dalle accortezze preliminari e a finire con la manutenzione periodica e nel tempo), consapevole perchè la bellezza del legno sta proprio nel suo essere così vivo. Eppure, anche per le pavimentazioni di legno non sono poche le rimostranze e le lamentele per la non rispondenza estetica a ciò che ci si aspettava o a ciò che si immaginava. Talvolta anche per i tentativi di sovrapporre o includere negli aspetti estetici aspetti tecnici o qualitativi del materiale. Con l’evidente aumento di confusione e incertezza e con evidente ingiusto pregiudizio verso un simile materiale. Di contro a tale errato approccio va sottolineato piuttosto come, in particolare per le pavimentazioni di legno, bisognerebbe ragionare di estetica attribuendole la connotazione che le è propria e distinguendola dagli aspetti tecnici, ovviamente ove non ne sia appositamente coinvolta e trascinata. L’estetica (o, se vogliamo, la considerazione estetica o degli aspetti estetici) di una pavimentazione di legno non è e non va inclusa negli aspetti tecnici se non è oggetto di apposita previsione all’interno di un contesto tecnico, ovvero se non è oggetto di una curata geometria di posa o se non è effetto particolare e ricercato di una ben precisa progettazione.
La soggettività della valutazione
A stare negli esatti termini anche del significato della parola, l’estetica è il risultato della percezione dei sensi di chi si avvicina a un qualsiasi oggetto e, come percezione, è il risultato di una valutazione soggettiva in relazione al gusto o all’idea personale già maturata o che si va a maturare con quella percezione, ancorchè filtrata dall’intelletto. La soggettività della valutazione, poi, è ancor più accentuata dalla soggettività della scala degli indici personali di gusto, bellezza e soddisfazione. Conseguentemente, se proprio si vuole far passare il risultato finale della pavimentazione di legno anche attraverso la valutazione estetica e se non si vuole rimanere nella totale soggettività, è inevitabile condividere tale valutazione (o i criteri a cui la si vuole ricondurre) fin dall’incarico per la realizzazione dell’opera e come tale farla diventare oggetto dell’incarico. Certamente le difficoltà non saranno poche perchè si tratta di trasferire in un contesto oggettivo contrattuale aspetti e aspettative soggettive, ma anche perchè non c’è e non può esserci una soluzione generale e valida sempre,ma da ricercarsi caso per caso, in base alle specifiche particolarità, allo specifico materiale e allo specifico contesto.
Il ruolo della progettazione
Laddove della valutazione estetica si voglia fare un elemento tecnico dell’incarico è dunque evidente che bisognerà passare necessariamente da una progettazione. Ragione per cui se l’operatore coinvolto è in grado di rappresentare una progettazione che tenga conto anche delle aspettative del cliente, bene, altrimenti che si cauteli facendosi assistere e aiutare da chi ha più competenza in termini di progettazione. Certamente è la progettazione ciò che rende meglio e in maniera più corretta la relazione tra estetica e funzione del prodotto, perchè con la progettazione la forma, le linee, i disegni acquisiscono ordine, armonia e integrazione con l’ambiente. Anzi, la progettazione rende meglio l’insieme di funzione e gusto: funzione del prodotto scelto e gusto per il risultato così ottenuto; funzione della caratteristica prestazionale del prodotto e soddisfazione nel godimento della prestazione così ottenuta. Ma non solo: nell’integrazione detta si esplicano anche i diversi ruoli di progettista e posatore, l’uno per la creazione progettata e ipotizzata per un risultato, l’altro per la resa, in concreto e in opera, del risultato della progettazione in relazione alle aspettative e alla soddisfazione del cliente.
Geometria di posa
Laddove non si passi da una vera e propria progettazione ad opera di un progettista professionalmente abilitato, contribuirà non poco all’integrazione tra funzione estetica e funzione tecnica della pavimentazione di legno la cosiddetta geometria di posa, alla quale spesso provvede lo stesso posatore. Geometria intesa come rappresentazione grafica del risultato dell’accostamento dei singoli elementi della pavimentazione nel suo insieme e risultato cui si giunge anche attraverso composizione di colori, dimensioni e tipi di posa.
Quando il committente contesta l’estetica
Di contro a tutto ciò, ove la valutazione di estetica o del gradimento estetico venisse resa ad opera finita e senza che se ne fosse mai rappresentata l’aspettativa e l’attesa, le complicazioni saranno ben più intense e gravose. Anche perchè non sempre se ne potrà uscire liquidandole sbrigativamente o negando di aver mai ricevuto indicazioni in termini di risultato estetico e limitandosi a confermare di aver fatto un lavoro a regola d’arte. Certamente, per quanto già detto prima, in mancanza di una preventiva intesa sull’estetica le ragioni e gli argomenti per respingere come soggettive certe pretese non saranno pochi. Tuttavia, se proprio si dovesse aprire a un confronto su di essa, soluzione ideale o ipotesi fondatamente percorribile potrebbe essere quella di improntare tale confronto secondo la medesima impostazione resa dalla norma UNI 11368 in relazione alle modalità di valutazione della pavimentazione di legno posata. Intendiamoci, non si tratta di applicare tale norma, perchè essa va applicata nell’ambito di sua pertinenza,ma di riferirsi alla sua sola impostazione metodologica per la valutazione, ovvero: 1) alla valutazione della pavimentazione di legno nella sua generalità, quale superficie estesa e continua; 2) alla valutazione con osservatore in piedi e in posizione eretta; 3) alla valutazione con luce di provenienza dalle spalle dell’osservatore e con illuminazione diffusa nell’ambiente ancorché verso la pavimentazione e non mirata verso punti ben definiti. Anche perchè, così facendo, non si andrebbe neppure tanto lontano da quello che è il criterio assunto nelle aule giudiziare per la valutazione dell’impatto estetico di un contesto immobiliare o anche di una semplice struttura edilizia; criterio che vede l’estetica come data dall’insieme delle linee e delle strutture che caratterizzano quel contesto con un’impronta generale e d’insieme e non con riguardo a ciò che ciascuno può ipotizzare personalmente, senza considerare, per l’appunto, l’insieme delle linee e delle strutture. Tant’è che solo quando si interrompe quella linearità che attribuisce a quel contesto particolare quell’impronta generale d’insieme, allora si può parlare di lesione di estetica. Ma tant’è pure che, proprio per tale ragione, sempre nelle medesime aule giudiziarie non basta reclamare o contestare una lesione di estetica, ma occore indicare come, dove e perchè quell’insieme e quel complesso di linee e strutture con quella connotazione particolare conseguita nel contesto d’insieme venga interrotta. Il che non solo si sposa e si combina bene con l’intento e la finalità della metodologia della richiamata UNI 11368,ma, all’occorrenza, consente di integrare coerentemente l’estetica anche con gli aspetti tecnici cui è propriamente rivolta la medesima norma.