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Il caso di una pavimentazione in rovere

Le considerazioni che seguono sono la conseguenza di una CTU eseguita lo scorso luglio in un appartamento al 4° piano di uno stabile di nuova costruzione

Le considerazioni che seguono sono la conseguenza di una CTU eseguita lo scorso luglio in un appartamento al quarto piano di uno stabile di nuova costruzione (quel giorno non funzionava l’ascensore!).
La pavimentazione in rovere, posata da oltre quattro mesi, aveva evidenziato quasi subito degli imbarcamenti, con conseguenti distacchi. Premetto che la presenza del CTU mi ha indotto a lasciare le mie strumentazioni in auto. Arrivato finalmente al quarto piano, mi sono reso conto che la situazione era chiara, ma dal momento che il CTU, una volta letto il quesito, ha fatto intendere che era lui a dover condurre l’indagine, ben volentieri mi sono attenuto a tale volontà e mi sono limitato a osservare.
Il CTU ha iniziato a camminare su e giù, in silenzio, con gli unici strumenti a sua disposizione: la macchina fotografica e una penna a sfera. Dopo un bel po’, finalmente un’esternazione: “La causa è l’umidità”. L’indagine è continuata allo stesso modo in tutte le stanze, camminando e scattando qualche fotografia, poi un’altra esternazione, rivolta al responsabile di cantiere: “Mi faccia avere una pianta dell’appartamento”. A questo punto il responsabile di cantiere e il posatore mi hanno chiesto, indipendentemente dalle cause e colpe, cosa potevano fare per risolvere velocemente la situazione. Ho risposto che solo dopo aver fatto dei rilievi strumentali avrei potuto esprimermi sulle cause, per poi valutare un intervento che rispondesse alle aspettative del committente, ma che in quel momento avevo bisogno dell’assenso del CTU.
La mia risposta ha causato l’interruzione del “su e giù” con la penna a sfera in mano: mi sono rifatto i quattro piani a piedi e questa volta con tutta l’attrezzatura (con una temperatura superiore ai 35 gradi!).
Entrato nell’appartamento, ho subìto un interrogatorio da parte del CTU, che voleva sapere a cosa servisse tutta quella strumentazione, per valutarne l’utilità ai fini dell’indagine e del suo quesito… Ho pensato che volesse mettere alla prova il mio grado di civiltà e ho risposto in questo modo: “Indipendentemente dalle sue esigenze, porterò avanti le mie indagini nei modi che ritengo più opportuni, se la cosa però le dovesse arrecar fastidio, inizierò volentieri dopo che avrà concluso la sua CTU e se ne sarà andato”.
Pazientemente ho iniziato i rilievi. Come era prevedibile, gli inconvenienti erano originati da molteplici cause: il sottopavimento, le condizioni ambientali, la qualità della specie legnosa e infine l’operato del posatore.
Lo strato ripartitore di carico, anche se tenace (1,7N/mm2), resistente alla compressione (75N/mm2) e messo in opera su una sicura barriera al vapore, doveva avere una più bassa percentuale di umidità. L’appartamento, in attesa di essere completamente ammobiliato, avrebbe dovuto essere arieggiato (l’umidità dei muri era vicina al 2,2%). Il parquet, prima della posa, andava fatto adattare all’ambiente (prima aveva un’umidità vicina al 7%, ma una volta posato aveva raggiunto l’11,3%).
Di fronte all’accertamento dei suddetti valori, le parti si sono fortunatamente messe d’accordo nel rimediare al tutto in via amichevole. …Io però ancor oggi nutro un dubbio: e se fosse bastata una penna a sfera?

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