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Lo scricchiolio sospetto

Un monostrato in rovere inchiodato su OSB. Un rumore molto accentuato e fastidioso, non comune nei parquet posati con questa tecnica. Cosa è successo?

Una recente indagine tecnica – richiesta per uno scricchiolio sospetto e molto fastidioso (tanto da rendere inabitabile un immobile di pregio) – mi ha permesso di mettere sotto la lente di ingrandimento una situazione, purtroppo, abbastanza frequente.
Non si trattava del solito iter giuridico, l’indagine era stata commissionata allo scopo di valutare lo stato delle pavimentazioni di parquet fornite e poste in opera, indicando le cause degli eventuali vizi o difetti. Una volta fatto questo, bisognava poi indicare le eventuali modalità di recupero e, cosa non tanto piacevole, le eventuali responsabilità e la suddivisione delle stesse.
Si è trattato di esaminare delle pavimentazioni di parquet monostrato in Rovere (Quercus Spp), con spessore complessivo pari a 22 mm (salvo le tolleranze della norma di riferimento), varie lunghezze anche fino 2.400 mm circa e una larghezza unica di 140 mm. In effetti un’ottima scelta qualitativa. Le singole doghe presentavano una bisellatura sul lato lungo ed erano state ultimate con una finitura “a basso impatto ambientale” ovvero un’impregnazione mediante olio naturale vegetale.
La superficie pavimentata interessava due diversi livelli dell’unità immobiliare, collegati fra di loro da una scala interna. Il disegno di posa adottato era a cassero sfalsato a correre, posato di punta a entrare in ogni vano pavimentato.
Complessivamente si trattava di una superficie di circa 400 mq. La tipologia di pavimentazione oggetto della disamina è descritta e caratterizzata nella norma Uni En 13226:2004, “Elementi di legno massiccio con incastri femmina e/o maschio”. La posa in opera delle singole doghe del pavimento era stata condotta solo per inchiodatura ovvero tramite l’inserimento di chiodi nella parte laterale delle doghe con lavorazione “a maschio”, con bloccaggio diretto nella superficie di pannelli fenolici, preventivamente posti in opera sul piano di posa in cemento.
I pannelli erano stati a loro volta posizionati sul piano in cemento (massetto) mediante incollaggio totale con adesivo specifico. Alla richiesta di prendere visione del documento di identificazione (D.L. 6 settembre 2005 n, 206 Codice del Consumo) consegnato dall’azienda produttrice e riguardante la fornitura del materiale in disamina, mi è stata (solo successivamente) consegnata una scheda che presentava i requisiti del parquet. Non sempre questo avviene: anche se la scheda prodotto è oramai obbligatoria da diversi anni ancora si trovano forniture prive di detto documento.

Il massetto

La disamina tecnica si è basata oltre che su rilevazioni strumentali fatte al momento del sopralluogo, sulla raccolta di informazioni e documentazioni presso la direzione lavori e il progettista.
Ecco alcuni dati importanti. Il piano di posa sul quale è stato posto in opera il parquet presentava due diverse tipologie strutturali: – il sottofondo di un piano era costituito da massetto cementizio tradizionale (sabbia e cemento), con interposizione di barriera al vapore rappresentata da guaina bituminosa su di un getto in calcestruzzo su “cupolex” con intercapedine d’aria, la presenza di alcune bocchette di areazione disposte nei lati dell’immobile presumibilmente collegate fra di loro;
– in un’altra zona il sottofondo era costituito da massetto cementizio tradizionale (sabbia e cemento), sempre con interposizione di barriera al vapore costituita da telo di nylon, su un solaio già esistente.
Della barriera al vapore in nylon non si conosce la grammatura a mq, mentre della guaina bituminosa esistevano soltanto alcune fotografie. Quanto ai massetti in cemento (costituiti nel mese di settembre 2009), esisteva nella documentazione visionata un solo dato in riferimento alla loro umidità, risalente al mese di febbraio 2010, che indicava l’1,7%, un valore in linea con quanto richiesto nel settore e previsto al momento anche da una specifica norma (nessun riferimento sul procedimento di rilevazione del contenuto di umidità). Pertanto il supporto era idoneo a ricevere una posa in opera di pannelli OSB fenolici con sistema di incollaggio.

Troppe anomalie

La principale contestazione veniva mossa a causa di un problema “sonoro”, ovvero uno scricchiolio anomalo che si percepiva molto bene camminando sulla superficie del pavimento; oltre a ciò, però tutti gli elementi della pavimentazione legno presentavano un marcato ritiro dimensionale in larghezza. Al piano interrato la pavimentazione evidenziava anche una conformazione concava delle doghe e un ritiro dimensionale in larghezza molto elevato.
La prima impressione in merito allo “scricchiolio” è che era assolutamente fuori da ogni logica di aspettative per questa tipologia di pavimentazione in legno. Solo attraverso un’indagine ad ampio raggio si è potuto conoscerne l’origine.
Infatti si è accertato che dopo l’ultimazione dei lavori di posa in opera della pavimentazione in legno, sono stati condotti numerosi interventi all’interno dell’unità immobiliare, che avevano apportato ulteriore umidità in eccesso. Non solo, durante questi lavori la superficie della pavimentazione in legno era stata coperta con un telo di geocomposito, un geotessile con tessuto agugliato (GTX) accoppiato a una pellicola impermeabile di poliolefine (PL). Al momento del sopralluogo sono stati rilevati i valori medi di umidità (stima) del legno in opera, con strumento a conduzione elettrica (modello HT 65 della Gann), procedendo secondo la norma Uni En 13183-2. Per la rilevazione dei dati relativi, mi sono avvalso della strumentazione a conduzione elettrica modello compact TF 1 della Gann.
Sono stati rilevati anche i valori relativi ambientali, contenuto di umidità e temperature, oltre alla temperatura istantanea delle superfici lignee rilevata con pirometro.
Per quanto riguarda il contenuto di umidità nel legno in opera, abbiamo valori minimi del 13,5% e valori massimi del 15,5%.
È un particolare da tenere presente la differenza di contenuto di umidità nel legno, molto elevata nel complesso, ma assolutamente accentuata nelle doghe vicine alle pareti esterne.
Sono inoltre evidenti,in svariate zone dei locali, precisamente in parete, delle efflorescenze dovute alla presenza di umidità in parete. Anche con il pirometro, la temperatura superficiale del legno in opera evidenziava una diversità di temperatura fra le doghe posizionate lontano dalle pareti esterne (21 C°) e quelle vicine (16 C°).
La presenza di umidità nella parte bassa delle pareti è generalmente espressione di condensazioni murarie(anche il battiscopa in massello riportava segni di adsorbimento di umidità!).
Sono state rilevate anche diverse doghe in opera con emersione di tannino per adsorbimento di umidità da suzione capillare.

Cosa è successo?

Ricapitolando, all’osservazione generale le pavimentazioni poste nei vari locali presentavano diverse situazioni strutturali: un ritiro dimensionale in larghezza eccessivo (se posto in relazione al contenuto di umidità ancora presente nel legno), così elevato da rendere esteticamente inaccettabile la pavimentazione, e un aspetto concavo delle doghe. Nessuna parte della superficie lignea pavimentata sembrava avere avuto un migliore comportamento rispetto ad altre.
Questo comportamento è comunque direttamente conseguente a un precedente fenomeno di assorbimento di umidità in eccesso, tanto che ancora in data odierna il pavimento presenta, nei propri elementi lignei, una media di umidità assolutamente elevata. L’umidità del legno in opera, come da verifica strumentale, ha un valore medio del 15,27% e corrisponde a un valore fuori norma dell’intervallo previsto al punto 5.3 della norma Uni En 13226:2004 già citata:“I singoli elementi devono avere un’umidità al momento della prima consegna del prodotto compresa tra 7% e 11%”.Ricordiamo che sono stati rilevati valori minimi del 13,5% e massimi del 15,5%.
Gli elementi hanno un contenuto di umidità superiore a quello previsto dalla norma e certamente lontano da quello di fornitura. Va inoltre considerato che il contenuto di umidità del legno di circa 15,27% corrisponde al valore di equilibrio per elementi di legno posti in un ambiente avente condizioni climatiche di circa: T = 0 – 30°C e U.R. = 70% – 75% (come si può rilevare dalla tabella IV del capitolo 1.5, Variazione dimensionale in funzione della variazione del contenuto di umidità in relazione con l’umidità ambientale, del volume “Il legno”). Questo valore (14,37%) è il risultato dell’ambientamento del materiale legnoso alle condizioni ambientali medie pregresse; si ricorda come nella documentazione scheda prodotto della ditta fornitrice testualmente viene riportato: “Conservare nei locali pavimentati in legno una temperatura di circa 18°- 20° e un’umidità dell’aria compresa tra il 50% e il 60% circa”. Un’umidità troppo bassa provoca dei ritiri (fessurazioni), un’umidità troppo elevata fa gonfiare il parquet.
È doveroso osservare comunque che, come indicato nel manuale “Tecnologia del legno” del professor Guglielmo Giordano, questi valori (70% e 75%) sono ben al di sopra dei limiti consigliati (40% – 55%) per l’ambiente nel quale dovrà essere installato il pavimento di legno. Nel caso specifico si è avuta prima la formazione di imbarcamenti (aumento dimensionale in larghezza), in conseguenza di un aumento igrometrico del materiale alquanto esasperato.
Successivamente il ritiro dimensionale in larghezza, elevato, e questo movimento che di fatto ha indotto le singole doghe ad agire parallelamente al piano di posa, ha concorso ad “allentare” la tenuta dei chiodi infissi nei pannelli di OSB fenolici. I pannelli di OSB impiegati nel contesto esaminato sono costituiti da resine sintetiche con impiallacciature sottili chiamate “strand”. Questi strand vengono pressati in almeno 3 – 4 strati esterni e sono orientati longitudinalmente rispetto alla lunghezza del pannello, mentre gli strand degli strati intermedi sono ripartiti trasversalmente.
Il movimento che la pavimentazione lignea presenta è da porsi in relazione con il periodo di ultimazione dei lavori di posa all’interno dell’unità immobiliare.
Il nesso può essere stato la presenza di un microclima ambientale più umido sommato a problemi di umidità capillare, poca circolazione di aria, nei locali pavimentati. Tutto ciò, sommato a un fenomeno di condensazione dell’umidità (ovvero umidità da incremento della trasmittanza termica dei materiali costituenti frontiera), ha sicuramente inciso sui movimenti dimensionali del legno medesimo. Generalmente la presenza dei cupolex (atti a costituire un’intercapedine d’aria) non abbassa l’umidità nei muri. Per la ventilazione sottostante l’intercapedine, inoltre, non vi sono certezze sull’effettivo funzionamento, anzi, probabilmente vi è una ventilazione insufficiente. Pertanto, tenuto conto del periodo di ultimazione dei lavori e dell’insorgere delle prime anomalie, oltre ai rilievi tecnici condotti, si ritiene che si sia formato un differenziale termico notevole fra l’ambiente cupolex e l’ambiente pavimentato in legno, dando forma alla “liquefazione” ovvero il fenomeno della condensazione (umidità che si rideposita sulla superficie più fredda nel nostro caso il massetto). Generalmente la presenza dei cupolex (atti a costituire un’intercapedine d’aria) non abbassa l’umidità nei muri. Per la ventilazione sottostante l’intercapedine, inoltre, non vi sono certezze sull’effettivo funzionamento, anzi, probabilmente vi è una ventilazione insufficiente. Pertanto, tenuto conto del periodo di ultimazione dei lavori e dell’insorgere delle prime anomalie, oltre ai rilievi tecnici condotti, si ritiene che si sia formato un differenziale termico notevole fra l’ambiente cupolex e l’ambiente pavimentato in legno, dando forma alla “liquefazione” ovvero il fenomeno della condensazione (umidità che si rideposita sulla superficie più fredda nel nostro caso il massetto). Le diverse zone con espressioni visibili di umidità in parete (zone basse) sono segnali del fenomeno prima indicato; non è un caso che proprio in corrispondenza di dette zone le doghe di legno abbiano un contenuto di umidità molto più elevato rispetto alle medesime poste più verso il centro delle stanze.
Anche la copertura totale di tutta la superficie in legno ultimata con un telo di geocomposito ha contribuito in maniera negativa sulla stabilità dimensionale della pavimentazione in legno. Infatti, detto telo su un lato ha del poliolefine, che non solo crea di fatto una impermeabilità (una delle destinazioni di detto prodotto è quella di strato di separazione e di protezione sopra le membrane impermeabili quando è previsto il getto di cemento di una caldana o della struttura), ma abbiamo anche un coefficiente di permeabilità al vapore molto basso. Il telo di geocomposito così come è costituito protegge in effetti, ma rende la superficie del legno non permeabile alla traspirazione. Riassumendo, abbiamo individuato in una serie di concause:
– condizioni ambientali non idonee (si veda diagramma) per la stabilizzazione di una pavimentazione di legno;
– presenza di copertura con telo geocomposito;
– presenza di efflorescenze di umidità in parete che hanno origine da fenomeni di condensazione.

E gli scricchiolii?

Gli elementi della pavimentazione che si sono maggiormente danneggiati hanno un contenuto di umidità oltre i limiti previsti dalla norma di prodotto. I valori di umidità contenuta nel legno in opera, sia pure in stima, a distanza di oltre un anno e mezzo dalla ultimazione dei lavori, confermano l’assorbimento in eccesso di umidità e una equilibratura del manufatto a valori superiori alla norma. L’assorbimento di umidità in eccesso ha di fatto posto in atto la trazione trasversale del legno, ovvero di ogni singolo elemento ligneo, sulla superficie del piano di posa costituito da pannelli OSB; la trazione trasversale dovuta all’aumento dimensionale delle singole doghe, ha posto in tensione le chiodature allentandone di fatto la tenuta al pannello sottostante.
Il risultato dell’effetto di trazione/tensione è “lo scricchiolio” molto accentuato e fastidioso, non comune nelle pavimentazioni in legno poste in opera con questa tecnica.
Il problema acustico derivante dalla percezione di scricchiolio della pavimentazione in legno è molto accentuato e fastidioso al piano inferiore, meno al piano terra. Questa differenza è confermata anche dal contenuto di umidità nel legno in opera, che si differenzia notevolmente fra i due livelli pavimentati.
Si ritiene che all’interno dei locali si siano sviluppate condizioni climatiche incompatibili con la pavimentazione di legno installata; il periodo di ultimazione dei lavori ha coinciso con una situazione meteo-climatica esterna particolare, che può benissimo ripercuotersi anche all’interno di involucri edilizi, soprattutto se di nuova o recente ristrutturazione. La presenza del telo di geocomposito, posto con il proposito di proteggere la superficie della pavimentazione, ha invece creato una barriera alla traspirazione del manufatto medesimo, accentuando l’assorbimento di umidità. Inoltre, al piano inferiore, il successivo fenomeno di condensazione dell’umidità proveniente dal piano di posa (visibile nelle efflorescenze sui muri) ha equilibrato il legno a un valore molto elevato (confermato dai rilievi di temperatura superficiale con pirometro del legno medesimo, dai tre ai quattro gradi di differenza fra zone perimetrali e centrali).

Come rimediare?

Non è possibile, per ora, indicare l’estensione effettiva del fenomeno, né la sua possibile evoluzione nel tempo, ovvero fino a quando il manufatto ligneo non rientrerà nei propri valori di umidità a norma.
Una pavimentazione in legno per interni, in condizioni ambientali come quelle indicate dal diagramma relativo al comfort abitativo, si equilibra fra il 9% e il 10%. Una volta che il legno è rientrato nei propri parametri di umidità, anche dimensionalmente non avrà più variazioni accentuate, soprattutto in ritiro, salvo i normali movimenti dettati dalla propria anisotropia. Il problema che non è possibile eliminare – se non attraverso una rimozione – è quello della percezione fastidiosa di scricchiolio. La pavimentazione eventualmente rimossa potrà comunque essere poi riposizionata in opera sempre su pannelli di OSB, ma a questo punto consiglio di incollare, con appositi adesivi, in maniera totale le doghe, oltre alla chiodatura laterale.
Con questa procedura, già posta in essere in molti casi simili, si vincolerà ulteriormente il pavimento al piano di posa, rendendo il tutto un corpo unico. Le doghe avranno comunque i propri movimenti dimensionali di stabilizzazione, ma questi saranno limitati ai normali movimenti dettati dall’anisotropia della specie legnosa in questione.
Al piano terra invece, fermo restando che il problema dello scricchiolio si percepisce in maniera molto minore, la pavimentazione avrà ulteriori movimenti dimensionali in ritiro, per cui avremo più che altro un problema visivo con evidenti fessure fra ogni singolo elemento ligneo. Il ritiro in larghezza delle doghe sarà variabile a seconda del taglio di provenienza della doga: minore con taglio radiale maggiore, con taglio tangenziale. Se ciò non fosse accettato dalla proprietà, unica soluzione è la rimozione della pavimentazione, con nuova posa in opera, seguendo le procedure indicate per il piano inferiore.

Colpa di una serie di sviste?

La morale della storia? Una serie di “sviste” ha fatto sì che una pavimentazione in legno di qualità, posta in un immobile di pregio, abbia provocato uno stato di vera e propria insofferenza per la proprietà. Non tanto per l’evidente deformazione dimensionale delle doghe, quanto per il fastidioso scricchiolio che si percepiva benissimo al deambulo delle persone.
In particolare la notte era un vero dramma: bastava che qualcuno camminasse sul pavimento perché chiunque fosse all’interno dell’immobile lo sentisse… Un vero e proprio sistema di allarme, se ci si pensa bene. Peccato che sia costato svariati euro per il ripristino!

Bibliografia e fonti

  • “Le Pavimentazioni in Legno – Tecniche di Posa”, Carola Casiraghi e Cesira Macchia, 2002, Maggioli Editore;
  • “Parametri Ambientali e conservazione delle pavimentazioni in legno ambienti indoor”, Fabio Sciurpi, Laboratorio di Fisica Ambientale per la qualità edilizia Università di Firenze;
  • “Il comportamento fisico-meccanico del legno”, dispensa integrativa Università di Firenze, Dipartimento di Scienza e Tecnologie Ambientali Forestali);
  • “Rapporti Legno-Acqua”, dispensa integrativa Università di Firenze, Dipartimento di Scienza e Tecnologie Ambientali Forestali;
  • Report mensili Giugno e Luglio 2009 LAMMA, Laboratorio Ambientale Regione Toscana; Schede tecniche Geocompositi (GCO), geotessile non tessuto.

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