Il pensiero prima dell’azione
Tutto ciò che bisogna fare per avere un punto vendita competitivo è pensare, pianificare la propria strategia, lavorare sulla qualità piuttosto che sulla quantità, seguire le richieste del mercato e smetterla di affidarsi all’intuito
Fa davvero pensare quando manca un pensiero e una strategia alle azioni, agli strumenti o ai metodi di vendita.
Oggi le statistiche mettono in luce un’importante crescita del legno nelle case, che negli anni è riuscito a conquistarsi zone dove prima era considerato tabù, come bagno o cucina. Ciò significa che in case di fascia alta il legno incide circa per il 70% dello spazio. Allora la mia domanda da uomo di marketing è: ma che senso ha destinare il 50-60% dello spazio di un punto vendita alle ceramiche se la loro incidenza è attorno al 20 percento? E soprattutto se il legno ha questo valore perché è esposto nelle aree peggiori del punto vendita, in modo disordinato e confuso, trattato spesso come un prodotto accessorio. Ma come può un prodotto che incide sul 70% della superficie essere accessorio? Questa situazione è davvero surreale, è un po’ come se il mercato assistesse alla crescita della domanda di banane, ma il fruttivendolo continuasse a esporre mele e limoni anche se la loro vendita si dimostrasse in calo. Credo che sarebbe a dir poco un atteggiamento autolesionistico. Signori il mercato cambia e cambia proprio partendo dalla domanda, alla quale bisogna adattarsi. Se oggi il cliente non vuole che legno, voi dovete diventare degli eccellenti venditori di legno, esporlo nel modo migliore, imparare ad argomentarlo con serietà e professionalità ma, soprattutto, far capire al cliente finale che siete appassionati di questo prodotto e che lo ritenete davvero il migliore. Se il cliente percepisce che per voi il legno è “il figlio scemo” della vostra offerta, mi spiegate il perché dovrebbe affidarsi a voi, che siete i primi a dichiarare che non credete in quel prodotto? Come questa ci sono decine di situazioni dove si percepisce che non c’è un vero e proprio pensiero generale, ma degli approcci singoli scelti di volta in volta, da come viene realizzato il sito web a come si gestiscono le vetrine e la comunicazione interna e via dicendo. Inoltre una delle cose che ritengo debba davvero migliorare in questo settore è il modo con cui si inseriscono i nuovi prodotti e marchi. Questa è una scelta importante e richiede un’accurata valutazione per capire se il nuovo brand inserito ha davvero le potenzialità necessarie per fare business, se ha una struttura organizzativa capace di sostenere il vostro metodo di lavoro, se vi offre servizi e soprattutto se il mercato è pronto per questo tipo di prodotto. Si chiama analisi della fattibilità o sostenibilità di un nuovo progetto. Basta con “panciometro”, “intuitometro”, “nasometro”, dedicate un po’ di tempo a capire se ci sono le condizioni e costruite un piano di come poter generare un punto di pareggio per il nuovo brand. Ogni volta che si inizia una storia con un fornitore, l’unica certezza è che si generano costi che vengono sostenuti dal rivenditore o dal produttore. Di certo uno dei due non sarà soddisfatto quando perderà il suo investimento a causa della mancanza di risultati. Paradossale è quando gli investimenti li fa il rivenditore, senza fare delle accurate analisi per capire se e come genererà profitto e in particolare attraverso quali azioni riuscirà a lanciare nel modo migliore il nuovo prodotto. Ho voluto condividere queste riflessioni con voi perché credo che oggi molti punti vendita debbano prendere il coraggio di eliminare oltre il 50% dei marchi rappresentati. Fate una banale analisi dei risultati degli ultimi 3 anni e mettete in ordine decrescente i brand, poi, per costruire un’identità aziendale che abbia senso, sulla base di quanto ne emergerà bisognerà cercare marchi nuovi, con argomentazioni, valore, qualità e supporti e che chiederanno a loro volta progetti di sviluppo, piani commerciali e non più come 10 anni fa solo metri quadri di esposizione! Quello ormai non è più il vostro valore aggiunto, prendetene coscienza, ciò che cercano i marchi oggi è la capacità di trasferire valore nel modo più qualitativo possibile. Quindi non potete farlo con 100 marchi, troppo impegnativo e difficile, dovete scegliere quelli più giusti per voi e su quelli impegnarvi al massimo, esporli al meglio, con spazi equilibrati tra loro e avere le migliori capacità commerciali per quei prodotti. Altrimenti farete una vendita passiva e generalista, andando in diretta concorrenza con la grande distribuzione, senza però avere le migliaia di metri quadri di esposizione e soprattutto prezzi davvero bassi che, a parità di servizio e competenze fanno davvero la differenza. Quindi concludo nello stimolarvi a cercare sempre una ragione a ogni azione che sentite il bisogno di fare, ma, soprattutto, ad analizzare il vostro risultato e il vostro mercato e “cambiare”, adeguando la vostra offerta a questa nuova domanda. Solo cosi sopravviverete a questa violenta tempesta.