Legno-arredo, sciopero generale del settore e 4 manifestazioni
Per chiedere il rinnovo del contratto – scaduto il 31 marzo scorso – incrociano le braccia oggi tutti i dipendenti diretti e indiretti del settore
Per la giornata di oggi, venerdì 21 febbraio, è stato indetto uno sciopero di otto ore dei lavoratori del settore legno-arredo industria, sia dipendenti diretti, sia interinali. La vertenza riguarda il rinnovo del contratto collettivo – scaduto lo scorso 31 marzo 2019 – e coinvolge circa 150 mila addetti in tutta Italia. In quattro piazze italiane sono state indette altrettante manifestazioni interregionali: Milano, Treviso, Pesaro – dove sono attese circa 5mila persone, in arrivo da tutto il centro Italia – e Bari. Altri presìdi di protesta sono stati organizzati nei centri più piccoli, come Meda e Lentate sul Seveso, nel cuore del distretto produttivo brianzolo.
La mobilitazione è stata proclamata lo scorso 10 gennaio dalle sigle sindacali del settore Feneal, Filca e Fillea, dopo l’interruzione del tavolo di trattative con FederlegnoArredo. Secondo i sindacati, nella proposta dell’associazione imprenditoriale mancano risposte su temi come ambiente, sicurezza, formazione, diritti, bilateralità, welfare e aumenti retributivi. Al contrario, si denuncia un aumento della precarietà e dello sfruttamento, in un settore che nel 2018 ha visto un aumento complessivo del fatturato, ma che è stato duramente colpito dalla crisi e in cui il lavoro precario è molto diffuso: secondo i sindacati, nel settore del mobile il 90% dei contratti attivati e a tempo determinato o interinale (ma il dato varia da regione a regione).
##21febbraio Arrivano i primi pullman nelle 4 piazze dello #sciopero generale #legnoarredo #DirittoAlContratto pic.twitter.com/8KbSl4aU3D
— filleacgil (@filleacgil) February 21, 2020
Dal canto suo, Federlegno ribatte accusando i sindacati di scarsa disponibilità “ad affrontare in maniera complessiva e organica le tematiche delle politiche del lavoro che comprendono gli istituti del contratto a termine, del contratto di somministrazione e il tema delle attività stagionali.” Questa sarebbe la motivazione per l’abbandono del tavolo delle trattative.
Le organizzazioni sindacali hanno continuato a ribadire alcune richieste presenti in piattaforma quali incrementi delle retribuzioni minime nell’ordine del 6%, incremento delle maggiorazioni per il lavoro a turni e per il lavoro straordinario, incremento dei valori economici degli scatti di anzianità e del loro numero, ulteriori riduzioni di orario di lavoro, norme che comporterebbero aggravi organizzativi e burocratici per le aziende nel campo “dell’ambiente e sicurezza” e della gestione degli appalti e dei subappalti oltre quanto già previsto dalle leggi vigenti.
La trattativa è naufragata dopo 11 incontri svolti nell’arco di 8 mesi. Federlegno – ribattono i sindacati – “ha dimostrato dal primo momento la volontà di perseguire un modello di impresa basato non sulla qualità del lavoro, sugli investimenti, sulla professionalità e sul benessere organizzativo, ma sulla riduzione dei costi e su una gestione unilaterale dell’organizzazione del lavoro. Proporre l’aumento smisurato della precarietà con percentuali ben oltre i limiti di legge, la stagionalità senza controllo e rimettere in discussione l’accordo di interpretazione autentica sulla flessibilità degli orari di lavoro, dimostra la non volontà di sottoscrivere il contratto.”
Che cosa succederà ora? Secondo Luigi Puppo, segretario della Filca Cisl Monza-Brianza-Lecco, interpellato dal Cittadino di Monza e Brianza, sarebbe stato meglio scongiurare lo sciopero e riprendere le trattative prima del 21 febbraio. Ma “l’esperienza storica ci dice che dopo uno sciopero, in genere, le trattative riprendono. Il punto sostanziale della trattativa si gioca sui contratti di lavoro da accendere o spegnere a seconda dei periodi e sui picchi di lavoro con più o meno persone. Si tratta di ragionare sugli orari e sul numero delle persone.”